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ALLATTAMENTO AL SENO E I “TOTAL WHITE”: QUANDO LA STANCHEZZA PRENDE IL SOPRAVVENTO

“Non si attacca al seno”, “non ho latte”, “ho poco latte quindi non mi e’ arrivata la montata lattea”, “ho le ragadi“, “ho già mandato mio marito in farmacia per comprare il latte artificiale”, “non ce la faccio”, “non ce la farò mai, “il bambino rifiuta il seno” “il bambino si gira dall’ altra parte” “il mio latte non è nutriente, non sarà mai abbastanza grasso” “smetto di allattare”, “non inizio nemmeno ad allattare” “il mio latte non gli basta, per cui passo a quello artificiale che è più sostanzioso”.
Quante volte ho sentito dire queste frasi da mamme partorienti che purtroppo, al giorno d’oggi, non hanno il supporto sufficiente per proseguire con l’allattamento.
A meno che voi siate delle extra terresti o abbiate problemi fisiologici e /o organici, il corpo comunque produce latte tramite due ormoni la prolattina e l’ossitocina.
Appena partorito arriverà il colostro prima fonte di nutrimento per il bambino, e poi il latte vero e proprio che cambia densità durante l’arco della giornata. La prolattina stimola le cellule delle ghiandole mammarie alla produzione di latte. Praticamente funziona così: più il bambino succhia, specialmente se è attaccato al seno in modo corretto e più prolattina si produce.
La prolattina, perciò, entra in circolo durante ogni poppata per preparare il seno alla poppata successiva, e per avere un’adeguata produzione di latte i livelli di prolattina devono essere mantenuti alti; soprattutto all’inizio, quindi, è necessario che il neonato sia attaccato spesso e in modo corretto, che la durata della poppata sia regolata dal bambino stesso, e che la mamma lo allatti anche di notte, quando la produzione di prolattina aumenta.
L’ossitocina, invece, è un ormone che provoca le contrazioni uterine durante il travaglio. Dopo la nascita, il bambino che succhia attiva degli impulsi nervosi che arrivano al cervello della madre stimolando così la produzione di ossitocina; questo ormone fa contrarre le cellule che circondano gli alveoli favorendo la fuoriuscita del latte (riflesso ossitocinico).
So che la principale preoccupazione e fonte di ansia e stress per le mamme che allattano riguarda la quantità di latte: consapevoli che non possono né controllare né misurare quanto latte producono o quanto ne beve il bambino , si chiedono se possono essere sicure se il bambino ne assumerà a sufficienza.
L’allattamento a richiesta è proprio questo, lasciare che il bambino succhi quando e quanto vuole . Più il bambino si attaccherà, più contribuirà a mantenere la vostra produzione di latte, anche se è trascorsa solo un ora dall’ultima poppata o ha succhiato per mezz’ora. Per quanto lunghe o frequenti siano le poppate , il piccolo non prenderà più latte di quanto gli serve . Ogni bambino , dunque, si autoregola a seconda che sia sazio o meno.
Molto spesso però, può capitare che le notti siano in bianco, io le chiamo le “Total White”,questo porta alla mamma che in quel momento non ha il sostegno di nessuno, ad essere nervosa, irritata, infastidita o semplicemente stanca.
Questi aspetti del comportamento purtroppo, inevitabilmente e automaticamente si riversano soprattutto sul bambino che in quel momento chiede conforto, nutrimento e rassicurazione dalla mamma.
La mamma inizia a sentirsi inadeguata, stressata, turbata, senza aiuto e senza un sostegno.
Fin quando la mamma avrà il supporto dei parenti, degli amici e del compagno o marito, sarà tranquilla e in grado di affrontare le situazioni ma quando si troverà sola ad affrontare le nottate insonni perché magari il compagno/marito non c’è, è fuori per lavoro , allora potrebbero attivarsi in lei meccanismi psicologici che portano a stati di inadeguatezza e sconforto.
“non ce la farò mai ad affrontare le nottate”, “mi sento persa“ “sono nervosa e il bambino ne risente“ “ho molto sonno” questi sono alcuni dei pensieri di una mamma stanca. Che fare?
1.Innanzitutto la mamma deve cercare il più possibile di riposare quando il bambino dorme , in modo da recuperare almeno un minimo di energie .
2.Deve delegare qualsiasi cosa che riguardi la casa, faccende domestiche e altro.
3.Deve fare richieste alle persone a lei vicine: è un suo diritto a maggior ragione se è stanca e non si sente bene.
4.Deve confidarsi del suo stato d’animo, sfogarsi con persone fidate.
5.Deve modificare il suo modo di pensare.
Il pensiero è al centro di tutto il funzionamento psicologico della persona e tutto dipende da questo. Il pensiero crea l’emozione e il pensiero crea il comportamento .
È la mamma stessa che si assume in pieno la responsabilità di stare meglio modificando il suo dialogo interno.
La mamma potrebbe servirsi di “coping cards”, dei biglietti di sostegno che consistono in fogliettini di appunti che la persona tiene vicino a se’( in un cassetto della scrivania, in tasca, nel portafogli , oppure attaccati allo specchio del bagno, sul frigorifero ). La mamma è incoraggiata a leggerli molto spesso, per esempio tre volte al giorno o al bisogno, come se fossero delle auto istruzioni per attivare la persona sofferente .
La mamma può tenere un “diario di autoaffermazione positiva”, cioè un elenco giornaliero contenente le cose positive che la mamma sta facendo o le cose per le quali merita stima. Può quindi scrivere una “lista dei meriti “di cose che ha fatto o di cose che sono state un po’ difficili ma che ha fatto comunque.
Può trovare pensieri alternativi o anche solo chiudere gli occhi e immaginare di essere in un posto dove è già stata in passato, o un luogo che le trasmette tranquillità e calma. Può “rifugiarsi“ in ricordi piacevoli del passato e impegnarsi a “immergersi” nelle cose che le hanno fatto piacere e divertire.
Il ricordare eventi piacevoli del passato , può stimolare parti del cervello che la aiuterebbero a rivivere quei momenti come fosse la realtà presente.
Quindi, può semplicemente chiedersi ”dove vorrei essere in questo momento ? “Con chi”?
Se ti senti smarrita e sei in confusione, ti aiuterò a ritrovare te stessa offrendoti supporto e benessere psicologico.